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L'arte di De Santis

Mi piace, di Antonio De Santis, la sintesi che da un volto trae una forma pura, come per negare, in un ritratto, lo storico dissidio tra figurativo e astratto; e mi piace, allo stesso modo, l'astuzia con la quale da una forma pura trae un volto. E non contento, De Santis procede come un intarsiatore di pietre dure che persegue una perfezione fatta di incastri dissimulati con straordinaria naturalezza. Ciò che infine rende unico il suo procedimento compositivo è che da tale perfezionata elaborazione, dove ogni cosa sta impeccabilmente al suo posto, derivano un umore, una vitalità, uno spirito, che non hanno nulla di meccanico come è nel ritratto legato alla deformazione, alla libertà del segno. Egli non altera, non accentua, non irrigidisce, applica una norma. La storica dichiarazione hegeliana: "Tutto ciò che è reale è razionale" si estende a un limite imprevisto, a una misura del mondo. Per De Santis tutto ciò che è reale è ritraibile. E ogni volto porta in sé la sua stessa maschera, e in essa trova la sua essenza vera. Come nessuno egli sa fingere di giocare. Perché non esiste certezza che la vita abbia un destino, e con essa tutto il nostro affanno d'esser credibili. De Santis vede ciò che i nostri occhi vedono procedendo ad una selezione degli elementi della visione. Tutto questo è la caricatura: selezione e semplificazione. Certo, anche De Santis è un visionario, anch'egli è principalmente preoccupato di penetrare nel labirinto della sua anima e di raggiungere l'assoluto, oltre l'apparenza mutevole del mondo e delle cose, ma la sua immaginazione non è mai un'astratta attività dello spirito in cerca di evasione, piuttosto un'attività che nasce dall'indagine sul reale e sul reale si esercita. Poiché è alla realtà che Antonio De Santis si sente chiamato, alla conoscenza del mondo che è fuori e dentro lui.

Andrea Diprè